Regalare un gioiello è un gesto importante che attesta il valore della persona che lo riceve. Che si tratti di un collier, di un bracciale o di un altro manufatto, questo dono è prezioso sia dal punto di vista sentimentale sia in termini economici. Vi siete mai domandati, però, quale sia la filiera legata alla creazione dei gioielli etici e non?
Nella moda questo tema è quanto mai attuale e sempre più brand pongono grande attenzione a tutte le fasi di produzione e alle certificazioni che accompagnano un capo.
Anche nel mondo dell’extra luxury si parla di diamanti e di gioielli etici e sostenibili, ma l’argomento non è così conosciuto da tutti.
Nel settore della gioielleria esistono delle certificazioni che attestano che le pietre preziose sono estratte e distribuite in commercio in base a determinate caratteristiche che garantiscono il massimo rispetto dei diritti e della dignità degli uomini e dell’ambiente.
Un aspetto fondamentale se si pensa che gli Yanomami, una delle più numerose tribù del Sud America che vive nelle foreste pluviali e sui monti al confine tra il Brasile settentrionale e il Venezuela meridionale, da oltre dieci anni vengono minacciati e aggrediti dai garimpeiros ovvero i cercatori d’oro illegali.
(una delle tante zone amazzoniche saccheggiate dai Garimpeiros) fonte: Greenreport
La cronaca ci insegna tristemente che dal Burkina Faso alla Repubblica Democratica del Congo passando per le Filippine, sono tanti i minori reclutati nelle miniere d’oro per svolgere lavori pesanti, pericolosi e in condizioni disumane.
Anche sul fronte dei diamanti la situazione, purtroppo, non è migliore. È ampiamente testimoniato infatti che in diversi stati dell’Africa, dell’Asia, del Centro e Sud America ai bambini vengano negate l’infanzia e la scolarizzazione per estrarre pietre preziose. Senza alcun tipo di protezione questi bimbi inalano prodotti tossici e scavano a mani nude in cerca di diamanti.
Accanto a questo “mondo oscuro” esiste però chi ne prende le distanze e si adopera per combattere sia lo sfruttamento degli individui sia l’illegalità.
Sono molte infatti le Maison di gioielleria che ad ogni latitudine aderiscono alle norme di certificazione RJC che sono state studiate per sostenere, a livello internazionale, un sistema che favorisca la fiducia nei confronti dell’industria dell’alta gioielleria e dell’orologeria con l’adozione di prassi responsabili in tutta la filiera: dall’estrazione in miniera alla vendita in boutique di gioielli etici.
Il Responsible Jewellery Council è un’organizzazione non-profit che si occupa quindi di definire le normative e redigere le certificazioni relative alla filiera dei diamanti, dell’oro e dei platinoidi ed è membro di ISEAL Alliance, l’associazione mondiale per la regolamentazione della sostenibilità.
La certificazione RJC, ovviamente, non viene data a chiunque faccia domanda, ma solo dopo che dei revisori esterni e indipendenti hanno analizzato lo status dell’azienda che ne ha fatto richiesta.
Gli standard in base ai quali i membri possono essere certificati sono due: il Code of Practices Certification (COP) e la Chain of Custody Certification (CoC).
Il primo, che deve essere ottenuto entro due anni dall'adesione, si occupa di tutta la filiera della gioielleria e analizza la catena di fornitura, l’etica aziendale, i diritti umani, le prestazioni sociali e ambientali.
I requisiti per ricevere il Code of Practices Certification sono: filiera responsabile e diritti umani; diritto al lavoro e condizioni di lavoro, salute, sicurezza e ambiente; prodotti in oro, argento, platino, diamanti e gemme colorate; estrazione responsabile. Raggiungere lo standard COP significa quindi essere trasparenti in ogni fase di lavorazione e impegnarsi nell’adottare buone prassi aziendali.
La Chain of Custody Certification definisce invece le linee guida per le aziende che trattano e commerciano oro e platinoidi ovvero platino, palladio e rodio in modo che siano garantite tanto la tracciabilitá quanto un approvvigionamento responsabile. La CoC è volontaria e integra la Certificazione Code of Practices che è invece obbligatoria per tutti i soci membri RJC.
Averla significa però garantire alla filiera l’origine dei metalli preziosi.
Fortunatamente in tutto il mondo sono sempre di più le aziende che vogliono agire in maniera etica e trasparente e che aderiscono al Responsible Jewellery Council e naturalmente Il Diamante Gioielli è tra queste, dando vita a gioielli etici, artigianali ed italiani.
Sin dal suo nascere l’azienda valenzana è stata attenta ai fattori di sostenibilità interna ed esterna che si traducono in etica professionale, sociale e ambientale e condivide l’obiettivo RJC di una filiera internazionalmente responsabile che promuove la fiducia nei confronti dell'industria globale della gioielleria attraverso l’adozione del Codice di Procedura RJC per l’applicazione di pratiche sostenibili in tutta la filiera dell’oro e dei diamanti: dall’estrazione alla vendita al dettaglio di gioielli etici.
Maurizio Martone, fondatore della Maison, sottolinea: “Il Diamante per noi è una grande famiglia nella quale le persone hanno valore. Rispettare sia chi collabora in azienda sia chi ha lavorato per permetterci di acquistare i metalli e le pietre preziose è un requisito fondamentale. Solo così possiamo garantire correttezza, etica e trasparenza ai nostri clienti”. La CEO Roberta Bardon aggiunge: “Vogliamo che chi compra un nostro gioiello abbia la certezza di avere creazioni fatte con il cuore e non semplici oggetti. Rispettare le persone è sinonimo di amore”.
No Comments.